venerdì 20 settembre 2013


Contributo per la tavola rotonda
"Geoetica: il valore del territorio tra scienza, politica e informazione"

a cura di 
Sandra Piacente

già docente di Geologia Ambientale, Università di Modena e Reggio Emilia
email: piacesan (at) gmail.com


Da alcuni anni in Italia sta crescendo l'interesse per argomenti riguardanti le implicazioni etiche, sociologiche e culturali delle Scienze della Terra, che ampliano le prospettive e le aspettative delle Geoscienze, evidenziando il ruolo fondamentale svolto dagli studi geologici nel trovare soluzioni ai problemi pratici della vita dell'uomo, compatibilmente con la preservazione della natura e del Pianeta.

La Geoetica si occupa dei problemi relativi al modo di rapportarsi dell'uomo all'ambiente geologico. Tra i suoi principali obiettivi vi sono quelli di evidenziare il ruolo e la responsabilità sociale del geologo (sia ricercatore, che docente o professionista), incoraggiare l'analisi critica sull'uso delle risorse naturali, valorizzare e salvaguardare la Geosfera, promuovere una corretta informazione sui rischi, favorire il coinvolgimento della società nell'idea di un "patrimonio geologico" comune e condiviso. 

In particolare si chiede all'etica di dare delle indicazioni utili per affrontare i problemi inerenti le grandi trasformazioni che i risultati della ricerca scientifica e tecnologica hanno prodotto nella società attuale, in particolare nei rapporti tra uomo e territorio. Tutto ciò ha portato a uno sviluppo dei dibattiti sulla cosiddetta "etica ambientale".

Nel terzo millennio, gli scienziati rivendicano perciò il loro diritto a intervenire in un settore ritenuto in passato di esclusiva competenza di filosofi e religiosi: quello dei valori. Vista in questo contesto la scienza assume un ruolo di responsabilità sociale superiore a quello comunemente assegnatole.

Questa nuova etica considera il bene e il male non tanto nei riguardi dell'uomo, visione antropocentrica, quanto nei riguardi del territorio, visione ecocentrica, visto come un'entità che ha un suo valore intrinseco, a prescindere dell'uso che se ne fa. Il territorio, infatti, in quanto espressione di una data cultura, di una data storia, di un particolare rapporto uomo-natura, costituisce una testimonianza documentale tale da poter essere considerato, a pieno titolo, un bene culturale: ne deriva un suo diritto prioritario ad esistere e ad essere  protetto e valorizzato.

Ogni generazione è responsabile di quello che accade sul Pianeta quando lo vive e di come lo consegna alle generazioni future: ognuno di noi è "un inquilino con delle istruzioni", spetta a noi tutti leggerle e interpretarle correttamente.

Se a questo punto diamo per appurato che esiste un'etica della conoscenza e della sua diffusione, potremmo cercare di andare oltre e tracciare i contorni di una "iperetica", cioè di quel coraggio morale che ci spinge ad andare oltre le regole e gli schemi precostituiti, che troppo spesso si sono dimostrati inadeguati o superati, e ad osare per fare quello che in quel momento è la cosa giusta e che deve prevedere innanzitutto una maggiore attenzione verso i valori sociali di quel particolare momento storico.

Credo che ognuno di noi partecipi a questa tavola rotonda con l'intento e la speranza di gettare le basi, un pò più solide rispetto al passato, in quanto supportate da tanti attori nuovi e da nuove e impellenti necessità, per un impegno che sia finalmente il punto di partenza per responsabilità non più procrastinabili, con la consapevolezza che abbiamo già perso troppo tempo, e quello che ci rimane si restringe sempre più. Seppure nella tradizione della ricerca e della didattica  dovrebbero ormai essere sedimentati e consolidati dei valori imprescindibili, forse è arrivato il momento  di tradurli in modo esplicito nella pratica concreta del nostro agire e del nostro proporci verso l'esterno.

A questo si dovrebbe aggiungere anche un esame critico, unito a una buona dose di umiltà, non solo degli ostacoli, ma anche degli errori che nel corso della nostra vita scientifica, didattica e professionale sono stati fatti:  in sintesi la scelta di una nuova dialettica costruttiva e dinamica, pur nei non evitabili, ma anzi necessari confronti e dibattiti.

È opportuno, inoltre, fare una riflessione sul ruolo della ricerca e sulle "risposte" che la Geologia può offrire: cioè su una sua valorizzazione. Questo implica non soltanto un diverso "modo di presentare" la ricerca ed i suoi risultati (in chiave "promozionale") ma anche una diversa progettazione che si ispiri, da un lato, ad una prospettiva sistemica (con quali altri ambiti la ricerca geologica può e deve interagire) e, dall'altro, ad una prospettiva funzionalistica (a chi e a che cosa la ricerca geologica può "servire").

Quale può essere allora il compito e il contributo della Geologia?

  • Una partecipazione solerte, costante, oculata, programmata in tutti i contesti scientifici, culturali e divulgativi (con l'uso non casuale o contingente dei mezzi di comunicazione) in cui i problemi e le tematiche hanno implicazioni di tipo geologico.
  • Un privilegiare una cultura comune ai diversi settori geologici che sottolinei i rapporti tra Geologia e antropizzazione e indichi la dimensione culturale, storica e filosofica, e non solo quella scientifico-tecnica della Geologia. 
  • Far emergere nei diversi ambiti e a vari livelli, le motivazioni geologiche dei cambiamenti ambientali - punto forte delle nostre discipline e delle nostre possibili risorse - e la dimensione ambientale dei cambiamenti geologici, al fine di realizzare una formazione geologica che diventi percezione geologica, comune cultura del cittadino italiano.


Sicuramente trarremo notevoli benefici da una società più impegnata e cosciente del valore della ricerca scientifica e dei suoi risultati, ma nel contempo anche da scienziati più impegnati a rispondere alle necessità e alle aspirazioni della società.

Soprattutto nei casi dei rischi naturali, e geologici in particolare, il valore dei principi generali dell'etica risultano fondamentali nel contribuire alla loro riduzione e nell'aumentare la capacità di resilienza della popolazione. Incrementare la resilienza significa ridurre significativamente la vulnerabilità, favorendo nella popolazione, soprattutto nei soggetti più deboli o meno attrezzati culturalmente, una nuova consapevolezza, che sia portatrice di inedite trasformazioni positive.

La conoscenza diventa in tal modo il tessuto razionale idoneo a costruire una logica, e quindi una politica, di corretto utilizzo, cioè di una tutela-valorizzazione, in una intelligente integrazione degli interventi, sia di protezione che di promozione culturale, sociale, turistica ed economica.

Valorizzare vuole dire anche sperimentare nuove strade, più legate a percorsi conoscitivi continui e trasversali, che coinvolgano anche la sfera dei rapporti affettivi ed emotivi. Oggi si assiste a nuovi e più elevati bisogni, che paradossalmente sono i più naturali e primordiali: aria, sole, silenzio, piacere emozionale; il paesaggio con la sua geodiversità diventa un elemento forte di un sistema conoscitivo integrale, troppo a lungo trascurato.

È questa una nuova chiave per presentare un volto più attraente della Geologia, non quello "severo", seppure necessario e prioritario, legato agli aspetti della pericolosità e del rischio, ma quello dolce, la "sweet geology", fatto anche di diversità attrattive, di storia, di luoghi e di godimento, oltre che visivo, emozionale. Una chiave che apre la ricerca verso la prospettiva geologica della cultura o forse verso la prospettiva culturale della geologia, ricostruendo "la mappa storica" dei luoghi, poiché la storia è spesso "topica", cioè storia di luoghi, che ricordano, che suggeriscono eventi: il "sito geologico è "luogo" per eccellenza.

Questo aspetto è stato colto anche dalla Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 2000) che illustra la stretta relazione tra paesaggio e società. 

Il compito della Scienza non si esaurisce nel formulare proposte a carattere conoscitivo e nel fornire tecniche utili (oggi la tecnologia è talmente pervasiva che la confusione tra naturale e artificiale fa sì che il pensiero dell'uomo e di conseguenza il suo agire, fa fatica a stare dietro a se stesso), bensì nel presentare contenuti generali che riguardano il modo di intendere la natura, l'uomo e la società. Infatti ogni scienza ha in se e quindi deve trasmettere, una specifica immagine  del mondo, che indica il modo in cui questo può essere concepito ed investigato. La scienza è quindi  una parte  fondamentale della società, anche se questa forse non ne ha una percezione diretta precisa, che investe sia direttamente che indirettamente tutti i suoi aspetti, non solo quelli culturali, ma anche quelli morali e sociali. Occorre perciò trasformare la crisi delle certezze in consapevolezza dei limiti, che sono essenzialmente quelli che la natura stessa ci pone, per favorire il pluralismo delle idee e la ricerca di nuove prospettive, anche attraverso confronti e frequentazioni inusuali.

Ha scritto Luigi Luca Cavalli Sforza: "se la ricerca multidisciplinare dà risultati positivi, l'esperienza di trovare informazioni utili per le strade vicine a quella principale della nostra investigazione è fonte di grandi soddisfazioni intellettuali. Si ha anche l'occasione di convincersi dell'unità fondamentale della scienza e dei suoi procedimenti." (Cavalli Sforza  & Pievani, 2011).